Ponte dentale

Tra i tanti tipi di ricostruzioni dentali, una delle più famose almeno di nome è il ponte.
Probabilmente alcuni non sanno di preciso di che cosa si tratta, e in questa pagina cercheremo di capire che cos’è e, soprattutto, in quali situazioni che richiedono una ricostruzione si utilizza.
I denti si possono ricostruire in due grandi casi: quando sono rotti, spezzati, abrasi, consumati, insomma quando parte del dente rimane in bocca, e quando il dente non c’è proprio più: il ponte serve in questo secondo caso.

Infatti, quando un dente manca completamente, bisogna metterne uno artificiale; una delle soluzioni è l’impianto, che implica l’inserire una vite nell’osso gengivale con sopra un dente artificiale, soluzione sicuramente solida e duratura ma molto dispendiosa e che, comunque, richiede un intervento chirurgico.

Il ponte è più economico e anche più semplice da inserire. In pratica, è un dente artificiale privo di radice, che viene appoggiato direttamente sulla gengiva dove un tempo era presente il dente naturale.
Potremmo pensare che così il dente cadrebbe, e infatti il dentista lo ancora ai denti contigui, il precedente e il successivo. Il ponte può essere composto da un solo dente o da una fila di denti tutti artificiali (massimo due o tre) ma il dente precedente e quello successivo alla fila da sostituire devono essere presenti, perché proprio su quei due denti si appoggia il ponte.
L’aggancio con i denti può avvenire in due modi: il primo si usa se i due denti contigui sono devitalizzati, quindi di fatto morti: in questo caso vengono ricoperti da due capsule in ceramica, ovviamente attaccate alla fila di denti del ponte.
L’altro caso è quello in cui i denti siano vitali, e allora non si ricoprano con una capsula ma si agganciano con due anelli metallici, che abbracciano i denti vitali. Ovviamente sia le capsule in un caso che gli anelli nell’altro sono fatte specificamente per la nostra bocca e per i nostri denti, grazie all’impronta dentale che il dentista ci prende in una seduta preliminare.

Abbiamo detto che il ponte è più economico e semplice da installare rispetto all’impianto: ovviamente ci sono anche alcuni svantaggi.
In particolare, il problema principale è che quando i denti sono quelli naturali, ogni dente sopporta una certa pressione X che grava sul dente stesso. Quando abbiamo un ponte, la pressione dei denti del ponte non grava su di loro, che non sono ancorati alla gengiva, ma sui denti a cui il ponte è agganciato. Di conseguenza, se il ponte è composto da due denti, i denti a cui è agganciato dovranno sopportare una pressione di 2X (una X che è la pressione loro, normale, e una che è quella di un dente del ponte).
Questa troppa pressione fa sì che questi due denti si rovinino prima del solito, perché sono sottoposti ad un’usura maggiore. Insomma, i denti mancanti si sostituiscono, ma non senza conseguenze negative.
Questo ovviamente non vale se abbiamo agganciato il ponte, invece che a denti naturali, ai denti impiantati. I naturali, infatti, si possono spostare leggermente, mentre quelli impiantati no. Un ponte ancorato a denti impiantati potrebbe, per questo motivo, durare anche tutta la vita, mentre un ponte ancorato a denti naturali deve essere rimosso ed eventualmente sostituito dopo una decina di anni che è stato posizionato. Per questo, anche se più costoso, vale la pena di pensare all’impianto come alternativa al ponte, soluzione sicuramente più duratura.